Cara Pace

Non fa sconti alla famiglia e alle sue tanto differenti quando sempre terribili modalità di procurarsi l’infelicità Lisa Ginzburg nel suo Cara Pace (Ponte alle Grazie) e per farlo usa la simbiosi tra due sorelle, Maddalena e Nina, diverse eppure complementari, sole ma sempre unite da un filo narrativo che spezza il tempo e lo spazio geografico per farsi in qualche modo catartico e forse risolutivo.

Perché niente separa e unisce quanto il dolore, soprattutto se coltivato all’interno di un nucleo famigliare che da quel dolore dovrebbe proteggere e non usarlo per gettare allo sbaraglio in una solitudine contradditoria e divisa due sorelle, Maddalena, la voce narrante del libro, e Nina. È allora che questo dolore intimo eppure esposto in maniera violenta, deve essere centellinato giorno dopo giorno, anno dopo anno, lasciando una traccia potente capace di farsi corazza, scudo. Carapace.

Che è quello che indossa Maddalena, donna pacata e a suo modo materna che racconta, come se fosse un diario, il percorso a ritroso per ritrovare l’origine di quello stesso dolore che ha macchiato in maniera indelebile l’intera famiglia Cavallari. C’è un intero passato da investigare, ci sono chiaroscuri e vicende più cristalline per consegnare al lettore una disamina lucida e, suo malgrado, lirica di una storia complessa che deve essere risolta.  E c’è, soprattutto, il racconto del legame tra due sorelle, i cui opposti sono uniti da un’unica ferita, l’abbandono della madre, l’infanzia e la giovinezza con un padre pendolare sentimentale (e non solo professionale), la bellezza magnifica di una Roma, rifugio e gabbia, città di eventi tumultuosi a cui è necessario fare ritorno per trovare finalmente pace. Una cara pace.

In questa mia vita solitaria della tenacia nel dinamismo fisico ho fatto il mio scudo. Il mio carapace-carapace, cara pace

Ecco che il romanzo della Ginzburg diventa una lunghissima vigilia per rimettere piede nella città natia, un salto che deve fare Maddalena -che vive a Parigi una vita apparentemente sana divisa senza scossoni con Pierre- per mettere ordine al falso equilibrio delle sue emozioni, infrangerlo anche e ripartire con i cocci in bella vista senza più nessuna paura. Perché per crescere bisogna rompere e poi ricostruire.

E lo farà senza mai perdere di vista Nina, la bella e travolgente Nina, la narcisa egocentrica e magnetica Nina senza la quale (e viceversa) Maddalena non può stare, “prigioniera di una simbiosi che anziché diminuire, liberarci, con il passare del tempo si fa più forte”. Una più una, insieme addizione e sottrazione; sono insieme e sono sole, ma sono anche le uniche al mondo a capirsi fino in fondo e, grazie a questo, a trovare un rimedio all’infelicità.

“L’una per l’altra sponde, argini al caos che ci trovavamo ad attraversare, quel gran pasticcio cui senza chiedere alcun nostro parere eravamo state consegnate. Il nostro patto era uno scudo, un carapace. Nei momenti di mia massima fragilità fisica lo sentivo, un pensiero distinto, chiaro, dal corpo trasmesso all’anima senza passare per nessun punto intermedio”

Sono gli opposti che si armonizzano, come nella vita, quando si desidera un carapace per difendersi ma anche una cara pace per arrendersi e, con quella stessa vita, finalmente riconciliarsi.

Testo di Ursula Beretta

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