il potere rasserenante delle librerie e dei supermercati

C’è chi per decomprimere dopo una giornata no se ne va in palestra, chi a svaligiare Zara. Per quanto mi riguarda, due sono i luoghi che hanno il potere di farmi tornare il buonumore, di ispirarmi e riportarmi alla serenità: le librerie e i supermercati.

Non chiedetemi quale alchimia si scateni quando entro dentro a un Carrefour qualunque (ma anche  un’Esselunga) o dentro a una Feltrinelli (ma anche uno store Mondadori) ma improvvisamente il mare agitato che ho dentro si calma, l’umore sale, la testa si alleggerisce e io ritrovo il sorriso. Al super mi metto a curiosare tra gli scaffali guardando attentamente la merce; confronto i prodotti, penso a quello che potrei cucinare con quei carciofi così rotondi; mi trattengo al banco frigo e passo in rassegna gli yogurt più assurdi (io amo lo yogurt!), da quello importato dalla Francia a quello colato, ricoperto di crema al pistacchio (250 calorie per 100 gr.). Esulto davanti alle novità di cui so che diventerò schiava, tipo i chips di ortaggi, tanto grassi quanto irresistibili. Entro completamente nel ruolo dell’angelo del focolare, della massaia anni ’50, premurosa e accudente. Mi viene voglia di diventare vegetariana, poi vegana, poi guardo gli scampi fantastici che occhieggiano dal banco del pesce e cambio idea. Mi sento un po’ Nigella Lawson prima del divorzio da Saatchi: molto mamma, molto moglie, molto cuoca (anche molto gnocca come lei). Sono il prototipo della ‘cliente-pollo’, la gioia degli strateghi del marketing: se c’è il prodotto ammiccante e caro, ben in evidenza sullo scaffale altezza occhi, quello che promette di diventare ‘belle dentro e belle fuori’, state tranquilli che io lo infilo nel carrello. E mi sento subito più bella, dentro e fuori. Potere dell’autosuggestione.

In libreria, invece, mi aggiro tra gli scaffali seguendo un po’ lo stesso iter ogni volta: prima do uno sguardo alle novità della narrativa. Se trovo quel romanzo che ho visto recensito su Io Donna e che mi incuriosisce lo prendo al volo: non importa se andrà in coda agli altri 3 libri che ho sul comodino. E’ più forte di me, se esce un libro nuovo che penso possa piacermi devo possederlo immediatamente. A ognuno le sue nevrosi.

Poi mi metto a sbirciare tra i libri di cucina che puntualmente mi fregano per le foto accattivanti. I più infingardi sono quelli di autori nordeuropei di cucina vegana, che puntualmente, incantata da quegli still life pazzeschi, compro, convincendo me stessa che sarò in grado di riprodurne i piatti belli e sani per poi, una volta tornata a casa, rendermi conto che quella tale alga giapponese bio non la troverò mai e neanche ho voglia di cercarla.

Una rapida occhiata ai classici, che mi ricordano che La montagna incantata è sempre lì, sullo scaffale a sinistra della mia libreria, dal 1991 e io non sono ancora riuscita ad andare oltre pag.10 e infine un giro nel settore libri per bambini, dove mi scatta l’acquisto compulsivo, col senso di colpa messo a tacere da una vocina interiore che dice: ‘compra, compra, vuoi che i tuoi bambini crescano ignoranti?’.

Il cuore è più leggero. Il portafogli anche.

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