Three floating kids: tre bimbi in giro per il mondo in barca a vela

“Mi chiamo Siria e sono sposata con Stefano. Insieme abbiamo tre figli, un progetto e una casa galleggiante. I nostri bambini sono Arturo (6), Melita (4) e Lucilla (2). Il progetto è un lungo viaggio intorno al mondo e la casa galleggiante è Tauranga, una barca a vela di 17 metri“. Così comincia il il diario di viaggio di Siria, che da qualche mese ha mollato gli ormeggi per partire con la sua famiglia alla scoperta del mondo. 

Da Genova a Villefranche-sur-mer, Antibes, Saint Tropez; per poi fare rotta verso Palma de Mallorca, Màlaga, Gibilterra (UK), Las Palmas de Gran Canaria proseguendo per Mindelo-São Vicente (Capo Verde), Rodney Bay (Saint Lucia). Ultima tappa, Le Marin (Martinica)…ma non è detto che sia l’ultima!

Siria e Stefano un giorno decidono di mettere tutte le loro cose in un magazzino, liberarsi del superfluo e comprare una barca. “Era l’inizio del 2016 e io aspettavo Lucilla. Con una pancia enorme arrancavo per le stradine del Canton Ticino, dove vivevamo all’epoca. Una mattina arriva una raccomandata, era la disdetta del nostro contratto d’affitto di casa. Fuori in tre mesi. A noi sembrò un segno del destino, un invito a prendere coraggio e a mettere in atto quello su cui avevamo fantasticato a lungo: assecondare il nostro amore per il mare, per la vela. Dare forma a un progetto familiare da condividere noi cinque; sentirci liberi, tornare a noi stessi in un modo più semplice, meno costretto da schemi e consuetudini. Diventare floating per un po’ di tempo.

Mi viene in mente il noto aneddoto linguistico giapponese. Per i giapponesi la parola ‘crisi’ è composta da due kanji: il primo sta a significare ‘pericolo’, ‘opportunità’ il secondo. Ecco: per noi fu esattamente così.

La mia prima reazione alla notizia fu un rapido calcolo: Lucilla (che stava ferma immobile dentro la mia pancia) avrebbe avuto sì e no due mesi al momento del trasloco. Timing perfetto. 

Sono seguiti due anni di preparativi, di studio, di calcoli, di incontri. Nulla è stato lasciato al caso, nulla è stato improvvisato. Fino al fatidico momento della partenza.

Intanto dove siete in questo momento? 
Ora siamo a Cartagena, in Colombia.
 
Com’è nata l’idea della traversata oceanica in barca a vela? siete dei velisti?
Sì, eravamo già velisti, io ferma da un po’ per ovvie ragioni di prole ravvicinata.
Io e i bambini, essendoci per varie ragioni imbarcati solo a dicembre, non abbiamo traversato l’oceano. Era un rischio che non volevo correre dopo solo due mesi in mare e un inverno dalle condizioni meteo molto rigide. Non mi sentivo sufficientemente sicura io, nel mio ruolo di punto saldo per i piccoli, non avrei voluto scioccarli iniziando con tre settimane tra le onde senza vedere terra. Ho volato da Gran Canaria a Saint Lucia e lì abbiamo ritrovato, dopo 2 settimane, Stefano e la nostra casa-barca (i bimbi la chiamano così).
A esser franchi ora la traversata del Mar dei Caraibi (fatta da me, Stefano, i bimbi e un amico velista) è stata pure molto più “agitata” rispetto a quella oceanica di Stefano e compagni! però dura meno, i bimbi sono già parecchio abituati e io molto più sicura.

 

Non avevate qualche timore all’idea di portare con voi i bambini? avete mai incontrato situazioni di pericolo finora?
No, il pericolo penso sia la A9 tra Milano e Chiasso, che percorrevo spesso in auto coi tre cuccioli.
La sicurezza a bordo è la issue number one, ovviamente. Abbiamo investito in tal senso, e i bimbi conoscono le regole per stare a bordo. E’ un po’ come quando li porti al parco a Milano e si attraversano viali trafficati e rotaie del tram.
Il meteo è monitorato costantemente con sistemi d’avanguardia, e si spera di non aver troppe sorprese.
Si evitano le zone coi pirati, si usano tutte le precauzioni e poi ci si rimette al fato: se deve essere, sarà…
Comunque non ti nascondo che i livelli d’attenzione degli adulti a bordo sono sempre molto alti. Poi di fatto i pericoli non sono così diffusi. I bimbi navigano sempre legati. E’ più che il giubbino: non possono staccarsi dal corpo barca. Oppure scendono sottocoperta. Se giocano sul ponte – barca in rada o porto – o ci siamo noi o hanno i giubbini di salvataggio (Arturo comunque è un buon nuotatore, Melita comincia a galleggiare), Lucilla, che si muove come Vaiana sulla sua piroga, è controllata a vista.

 
Come stanno reagendo i bambini al viaggio?
Benissimo. E lo dico sinceramente, perché sono la mia cartina di tornasole. Sono sereni, a loro agio. Credo profondamente felici di vivere un quotidiano familiare che li coinvolga così totalmente.
A volte rimpiangono gli amici (non la scuola, che pur amavano). E Melita la scuola di danza…questo mi distrugge!!!!! abbiam deciso che nelle prossime isole le faremo seguire lezioni di danza locale coi bimbi autoctoni.
 
E’ faticoso gestire 3 bambini di età ed esigenze abbastanza diverse su una barca?
Sì molto. Esattamente come a casa. è faticoso non avere mai delle “pause” da loro. E loro da noi, suppongo.
Poi di fatto la barca offre molte possibilità ove puoi coinvolgerli. Io li rendo partecipi delle attività quotidiane, e soprattutto posso dedicare del tempo a loro in modo più completo rispetto alla “vita di prima”, quando ho finito tutto il resto: considera che noi generalmente non abbiamo aiuti o equipaggio. In questo momento abbiamo un amico velista che ci accompagna in questa lunga traversata, ed è una manna! Il mio blog? Scrivo di notte e poi pubblico qua e là quando riesco. Avere già tempo per sé è difficile.

 

Il momento più bello e quello più brutto
Ti rispondo identificando delle situazioni più che degli episodi accaduti.
La situazione più bella è quando vedo brillare gli occhi dei miei bambini che sono entuasiasti di vivere qualcosa più che avere qualcosa. Quando li sento parlare tre lingue insieme per comunicare su un pontile, e infervorarsi parlando dei prossimi posti che desiderano scoprire. Quando Arturo ha esultato di gioia ricevendo una macchina fotografica per il compleanno. Molto del senso che cercavamo nella nostra avventura era proprio questo.
Il più brutto è quando mi dicono che vorrebbero trascorrere una settimana dai nonni, abbracciare la nonna o dormire vicino alla zia. Quando Melita ha voluto mandare un video alla sua amica del cuore all’asilo francese dicendole: II miss you isabella, miss you much.
 
Il posto più bello che avete visto finora
Difficile. Non esiste un “più bello” per me; non ho amato alcuni luoghi – e non li citerei, perché per altre persone sicuramente sono posti del cuore – in altri ho lasciato pezzi di me. Il posto più bello forse è ogni luogo sicuro dove getti l’ancora dopo una navigazione con le persone che ami.
 
 

 
Quanto durerà la vostra avventura?
Dipende dai bimbi, dal budget, dalle nostre forze. Spero un paio d’anni. Ci sarà un ritorno, prima di divenire palmati, in quale forma lo vedremo. E’ un pensiero che ora non mi preoccupa.
 
Potete seguire le avventure emozionanti di questa floating family attraverso il blog di Siria, Three floating kids
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