Il tempo passa, i bimbi crescono e il mio secondogenito bara

I miei figli stanno crescendo. A 4 anni mezzo e 3 anni e qualche mese sono già due personcine diverse rispetto anche a solo 6 mesi fa. Lo so che è inevitabile, ma guardarli acquistare sempre maggiore autonomia, percepire i cambiamenti, l’indole che si definisce, avere insomma le prove inconfutabili che stanno diventando grandi mi rende fiera, mi commuove, ma mi mette anche un po’ di malinconia. Vorrei crogiolarmi ancora un po’ nell’essere una mamma di figli piccolissimi.

Peppa Pig è stata ormai archiviata assieme a Masha e Orso: i cartoni che li hanno divertiti e letteralmente ipnotizzati negli ultimi 3 e 4 anni, ora li annoiano. Come io abbandonai Bevery Hills 90210 per il più adulto e torbido Melrose Place, loro hanno cominciato a interessarsi a Daniel Tiger e Paw Patrol, evidentemente più nelle loro corde. Ah…adorano anche la scimmia di nome George e il suo amico vestito di giallo, protagonisti di un cartone che io trovo parecchio idiota, se non fosse per la splendida colonna sonora jazz che ha un incredibile effetto rilassante (almeno su di me).

Olli ha iniziato a imporre i suoi gusti in fatto di abbigliamento: è arrivata anche in casa nostra la fase che speravo di essermi risparmiata. Sceglie con cura tutti gli indumenti che io non le farei mai indossare – perché fuori stagione, troppo larghi, troppo lunghi, troppo trash – e li assembla alla caz… come le pare, rifiutando qualsiasi consiglio, come una piccola Ferragni in erba. Ho scoperto che riesce anche a infilarsi da sola collant e calzamaglie. A dire il vero io sono combattuta: una parte di me vorrebbe imporle cosa mettere, una parte vorrebbe che si sentisse libera di dare sfogo alla sua fantasia e di esprimere i suoi gusti, che evidentemente si stanno formando ora e che lei ha voglia di affermare per sentirsi più grande; certo faccio fatica a vederla uscire di casa con i leggings estivi rossi, la gonna a ruota e le scarpe di plastica glitter celesti Made in China, che peraltro io stessa le ho comprato per farla felice.

Bibo pronuncia L invece di R ma ha una proprietà di linguaggio invidiabile per un treenne: praticamente sembra il nipote di Umberto Eco. Padroneggia congiuntivi e condizionali ma in compenso è convinto che ‘domani’ significhi ‘dopo’ e io non ho nessuna fretta di correggerlo, anche perché al momento questo piccolo equivoco gioca a mio vantaggio, soprattutto quando mi chiede ‘mamma, domani mi compri la maschera di Capitan America’?

Ricordano tutto, soprattutto le parolacce che ogni tanto mi scappano e le promesse che non mantengo. Ogni promessa è un debito, non si sfugge. Se dico che domani li porterò a casa dei nonni se mangiano tutta la pasta, loro il giorno dopo si ricordano della promessa e me ne chiedono conto, facendomi sentire una schifezza se gli annuncio che non si va da nessuna parte. Sono finiti i tempi in cui promettevo mari e monti consapevole che 5 minuti dopo loro avevano già dimenticato. E sono finiti pure i tempi in cui potevo lanciare improperi degni di uno scaricatore di porto, certa che i figli non li avrebbero registrati.

Gli ho insegnato per la prima volta le regole di un gioco di società e loro le hanno capite al volo e messe in pratica: il gioco è memory, lo amano almeno quanto io lo amavo quando ero piccola. Ci giocano un sacco, con me oppure tra loro, e a guardarli mi gonfio di orgoglio. Salvo per il fatto che Bibo oltre a capire le regole ha imparato anche ad aggirarle: bara! Credo che nessuno gli abbia mai insegnato a dare una sbirciatina alle carte quando pensa di non essere visto, è puro istinto da furfante. Il ragazzo ha difficoltà ad accettare di essere sconfitto e pur di non rischiare di perdere, bara. Da chi abbia preso questa tendenza non lo so ma temo che avrò qualcosa su cui lavorare nei prossimi mesi.

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