Ecco Tartaglia che fa dei bei giochi…

Certe volte vado a prendere mio figlio all’asilo in bici. Mi piace la faccia che fa quando intravvede la mia bicicletta parcheggiata vicino al cancello dell’asilo. Di solito all’uscita lui fa mille tappe, una sosta per ogni oggetto che attiri la sua attenzione, scegliendo accuratamente quelli che appartengono ad altri bambini: monopattini, merende. Ma quando vede la mia bici non bada più ad altro.
Felice, corre verso di essa e aspetta che lo prenda in braccio per sistemarlo sul seggiolino tra il sellino e il manubrio.

Poi salgo io e partiamo. Ce ne andiamo in giro senza meta, senza un’ora precisa in cui tornare a casa. Giriamo per le vie di Milano cercando di percorrere le strade con le rotaie in modo da intercettare i tram che ci sfrecciano di fianco. Lui adora i tram che compaiono all’improvviso, li annuncia a voce alta, “il traaaam! L’ho visto prima io!”. Poi mi segnala ogni cosa che incontra con lo sguardo e che lo colpisce: la macchina blu, la jeep (che però è un camper, ma lui non l’ha mai visto prima un camper), un autobus verde, un cane grosso.
Spesso in bici cantiamo. Di solito inizio io a intonare qualcosa dietro la sua nuca, e lui mi segue: le filastrocche vintage della nonna tipo quella della pulce “un due tre, quattro cinque sei…mi permette un morsettino, scusi non ce l’ho con lei” oppure la hit del momento all’asilo tipo “Ecco Tartaglia che fa dei bei giochi, si gira il foglio e si vedono i topi”
Mi piace andare in bici con mio figlio, molto di più che portarlo al parco. Perché in bici siamo solo io e lui, vicini e complici: tutto il resto è di passaggio tranne me e lui, fermi sui nostri sellini. E’ un momento nostro. Lui si rilassa e parla, parla, parla come fa la mattina appena alzato, quando è del suo umore migliore. Sfoggia tutto il suo campionario di frasi e parole acquisite recentemente.
E io lo ascolto, intervengo, gli insegno altre parole per il suo vocabolario personale, nuove sfumature di cui potrà servirsi a tempo debito.

“Accipicchia, un camion grande!”. Bibo sa dire accipicchia e ne conosce anche il significato e l’enfasi con cui va pronunciato.
Verso le 18 torniamo a casa ma quando lui vede il portone normalmente mi fa “ancora un po’ in bici”.
A volte devio e prolungo il nostro tour facendo almeno un giro dell’isolato, per non deluderlo.
E quando poi varchiamo la soglia di casa è ormai soddisfatto, si sente.
E’ pure quasi contento di rivedere sua sorella, di lì a poco.

 
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