Febbraio, tempo di canzoni e di libri bellissimi

Febbraio, tempo di canzoni ma anche di libri dalla musicalità rara come questi di cui, naturalmente, vi consiglio di ascoltare la voce. 

Ho una passione infinita per Elisa Fuksas e la sua leggerezza sfacciata e potentemente calviniana, che le permette di affrontare con grazia ogni cosa in cui si cimenti. Che sia la conversione religiosa come nel suo ultimo romanzo.  O la parabola della sua malattia in una Roma immobilizzata dalla pandemia del suo film “iSola”. O la sfrontata, irresistibile unicità di Ornella Vanoni nel docu-film “Senza Fine”. E pure la ricerca di una tomba, quella del nonno paterno, che diventa il pretesto per un’immersione nella storia della sua famiglia e, al contempo, l’ennesima finestra spalancata sulla sua vita di “ragazza noiosa”. “Non fiori ma opere di bene” (edito da Marsilio) è una sorta di poema cavalleresco al contrario in cui il Verano, il celebre cimitero romano, diventa l’ideale terreno di battaglia che la protagonista, eroina instancabile nella sua lotta contro l’incertezza, percorre in lungo e in largo. Facendolo amare. Scoprendolo con dolcezza. Rendendolo anche grottesco per certe facezie burocratiche oramai stranote. Ma attenzione, “Non fiori ma opere di bene” è tutto fuorché una (rediviva) opera sepolcrale. Elisa Fuksas ci mette il suo sguardo puntato prepotentemente sulla vita, di cui racconta e riflette tutto, senza filtri, seguendone il flusso, accompagnandone il ritmo ondivago con la sua scrittura vorticosa e musicale.

Lasciatemi dire che ho amato tantissimo “Con i denti” di Kristen Arnett (Bollati Boringhieri), la storia di “una famigliola felice, benestante, gay ma per il resto uguale a tutte le altre”. Per lo meno questo è quello che vorrebbe la moglie di Sammie, Monika. Ma non è detto che sia così, al netto dell’incipit di tolstojana memoria, e il quadretto familiare che la scrittrice americana restituisce al lettore è un film arcobaleno che vale davvero la pena di leggere. Si parte dalla Florida, calda e umorale, che incombe sul matrimonio tra due mamme a loro modo impegnate a essere felici e a gestire la complicata crescita di un figlio difficile. Sammie, la voce narrante del romanzo, casalinga frustrata e provata dall’ansiosa ricerca di una normalità che le sfugge ogni giorno di più, e Monika, avvocato in carriera, che di quell’apparente normalità si è fatta un vezzo al quale non può rinunciare. La voce spesso impastata della prima diventa la cartina tornasole dello sgretolarsi di una relazione a cui aggrapparsi, appunto, con i denti ma che nulla può contro un progressivo ma inesorabile percorso verso una deriva di incomunicabilità che, di fatto, avvolge tutti i personaggi. Esattamente come l’umida aria della Florida. Proprio come succede nel resto del mondo. Ma non c’è spazio per nessuna autoindulgenza, tutt’altro. C’è solo amore, tanto, e una genitorialità talmente forte che a tratti brucia sulla pelle; c’è la fiducia e il suo esatto contrario, in una gara spesso perversa che il ritmo pulsante e sensoriale della scrittura riporta pagina dopo pagina senza mai perderne il ritmo.

Marco Drago è un trovatore contemporaneo, capace di superare i marosi del tempo per riconsegnare al lettore la sua personale versione del romanzo cortese che vede al centro di tutto l’amore per una donna. “Innamorato” (Bollati Boringhieri) è un’ode alla sua personalissima Beatrice, compagna di liceo osservata in sordina e poi finalmente attrice incontrastata di una parte importante della sua vita amorosa. Un’ossessione che diventa un romanzo di formazione sentimentale costruito con una lingua colta, un tratto pacato, la deliziosa ritmica di un cuore bambino che si affaccia alla vita e da quella impara ad amare troppo, mangiandosi così tutti i luoghi comuni sull’egotismo del maschio. Nel mezzo ci sono certe campagne del nord Italia, c’è una colonna sonora d’autore i cui accenti tipicamente anni 80 restituiscono la memoria intatta e purissima di un periodo, a suo modo, iconico. Il diario amoroso di un sogno chiamato amore, in cui la voce narrante si mette a nudo senza timore perché “avere vent’anni è facile come respirare: sembra che tutto sia già successo e che debba ancora succedere, sembra che tutto possa cominciare per non smettere mai. È l’ultima stagione di onnipotenza illusoria che ci viene concessa e va vissuta. Va vissuta tutta. Senza paura”.

Devo aggiungere altro?

Giusto una piccola segnalazione. Una coppia, o meglio, un’Entità indivisibile, un organismo unico che viene minato dalla ricerca di un figlio è l’anima dello svelto romanzo di Massimiliano Virgilio, “Il tempo delle stelle” (Rizzoli).  Un ritratto spietato della genitorialità attuale immerso in una Napoli meravigliosa e terribile in cui ossessioni e consapevolezze vanno a braccetto affrontando, a loro modo, le paure.

Testo di Ursula Beretta

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