Le nostre speranze

Ci sono dei libri che scorrono lievi e apparentemente non lasciano alcuna traccia. Apparentemente, dico, perché poi succede che stralci innocenti della narrazione piuttosto che l’eco inaspettato di alcuni personaggi ritornino sorridenti a fare capolino sparigliando ogni certezza del lettore. O della lettrice, in questo caso. Succede, dicevo, con “Le nostre speranze”, il romanzo di Anna Hope edito da Ponte delle Grazie, un libro luminoso e tutto al femminile, che si concentra su tre amiche – Lissa, Cate, Hannah – la cui vita è narrata intrecciando il presente con il passato per restituire uno spaccato vivace di una generazione cresciuta tra gli anni 80 e i 90, nel pieno dello splendore della Cool Britannia e lontano anni luce dagli spauracchi della Brexit. Cuore della narrazione è quella Londra unica, in cui tutto sembrava possibile e realizzabile, dove il desiderio di emanciparsi dai propri genitori era forte tanto quanto la convinzione che il futuro avrebbe regalato solo ed esclusivamente soddisfazioni, tanto nella vita amorosa che in quella professionale.

“Hanno commesso errori, ma non irrimediabili. Non sono più giovani, ma non si sentono vecchie. La vita è ancora malleabile e piena di opportunità. Gli sbocchi sulle strade non intraprese non sono ancora chiusi. Hanno ancora tempo per diventare quelle che saranno”.

Difficile non immedesimarsi in queste tre donne, così diverse tra di loro eppure tanto complementari, che si incontrano a scuola e da lì, sfidando i tranelli della vita, rimangono comunque inseparabili. Diverse per carattere e per aspirazioni, ma tutte consapevoli di non voler ripetere gli errori delle loro madri per costruirsi un futuro in cui lavoro e affetti possano avere percorsi paralleli. Le loro storie si intrecciano, capitolo dopo capitolo, separando i piani narrativi tra presente e passato per restituire, intatte, le emozioni e i desideri di ognuna di loro.

Ma la realtà è un’altra. Così come il pensare di poter fuggire serenamente da quei ruoli nei quali i loro genitori prima di loro si sono ritrovati, loro malgrado, invischiati. Così Cate, sempre un po’ fuori dagli schemi, si trova con un bambino e un marito ai quali non riesce a provvedere, persa in una dimensione che le sta stretta mentre Hannah quel bambino proprio non riesce ad averlo e questo le avvelena il rapporto apparentemente perfetto con Nathan, suo storico compagno. Che dire di Lissa, che di famiglia non ha mai voluto sentire parlare per seguire il sogno di fare l’attrice e si ritrova a ingegnarsi per pagare l’affitto continuando a correre dietro al palcoscenico? Ma nonostante tutto le tre donne sono sempre lì. In prima fila, a pugni chiusi, lottando e ferendosi per mantenere comunque forte un rapporto che è il sale della loro vita perché come ricorda alla stessa Lisa la madre “devi coltivare le amicizie femminili. Non ti rimarrà altro, alla fine”.

“Le nostre speranze” è un affresco generazionale da divorare senza moderazione, in cui i personaggi, fragilmente forti, rimangono nel cuore insieme alla capricciosità di un tempo che troppo spesso si scorda di essere clemente e impone le sue volontà senza possibilità di appello. Ma una cosa è chiara: non ci saranno fallimenti se si avrà il coraggio di lasciare andare e di accettare che l’imperfezione non è necessariamente una sconfitta.

“Vorrebbero fermare il tempo: proprio qui, proprio ora, in questo parco, questa meravigliosa luce pomeridiana. Vorrebbero che i prezzi delle case rimanessero accessibili. Vorrebbero fumare sigarette e bere vino come se fossero ancora giovani e irrilevanti. Vorrebbero rintanarsi, qui, nella bellezza di questo pomeriggio di maggio. Vivono nella casa più bella nel parco più bello della parte più bella della città più bella del pianeta. Hanno ancora molta vita davanti. Hanno commesso errori, ma non irrimediabili. Non sono più giovani, ma non si sentono vecchie. La vita è ancora malleabile e piena di opportunità. Gli sbocchi sulle strade non intraprese non sono ancora chiusi. Hanno ancora tempo per diventare quelle che saranno”.

Testo di Ursula Beretta

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