L’educazione

Per tutta la vita l’istinto mi aveva insegnato una sola cosa: che è meglio fare affidamento solo su sé stessi”.

“L’educazione” di Tara Westover (ed. Feltrinelli) è il libro più bello degli ultimi mesi: così, per amore di Nick Horby e delle sue classifiche, questo mémoire forte, questo romanzo di formazione crudo, intenso, a tratti ruvido, qualche volta dolcissimo, mi ha conquistato in maniera inesorabile. 

Crescere aspettando la fine del mondo. Credere di vivere nell’unica verità possibile. Respirare, pensare, mangiare, dormire nella certezza che ci sia soltanto una via giusta, la tua, che porta verso la luce, perché il resto è tenebra.

“L’educazione” è la storia di una giovane donna cresciuta in una famiglia bizzarra, nel rigido credo di un’educazione religiosa – mormona, per la precisione- che cerca in ogni modo di sfuggire alle rigide briglie dei dogmi paterni, sempre combattuta tra l’attesa del giorno del giudizio e la ricerca di una vita più razionale. Tara, la più piccola di una nidiata di fratelli e sorelle, tutti ugualmente cresciuti nell’universo claustrofobico e fuori dal tempo imposto dai genitori, non conosce l’amore, non conosce nulla del mondo e della vita, niente che esuli dalle rigide e ingombranti convinzioni famigliari. Che sono impregnate di violenza, di precetti ancestrali riletti e adattati al nucleo originale, chiuso in un fantomatico paese dell’Idaho, ad aspettare l’apocalisse.

Ma non c’è commiserazione nel suo racconto, coraggioso e disincantato, e nemmeno una condanna nei confronti della religione o della lucida follia del padre o della brutalità inaudita del fratello, di cui Tara registra ogni stralcio, perché bisogna solo obbedire agli uomini, non fare domande, non cercare di sapere le ragioni.  Saranno la cultura, lo studio, la scoperta di tutte le bugie e delle negazioni raccontate dal padre a spingere Tara sempre più lontano dalla famiglia e a cercare di tenere a bada quella sorda rabbia, ricca di rancore e di desiderio di vendetta, che, se alimentata, renderebbe vano ogni tentativo di cambiamento.

La rabbia può essere uno strumento positivo perché ti tiene lontana dalle cose che ti fanno male, ma può anche rubarti la vita, invadendo tutto, anche i ricordi”: per questo Tara scrive, studia, prende coscienza della diversità del mondo che la circonda rispetto al suo soffocante microcosmo, in un percorso sofferto e combattuto. Perché i libri – e il sapere, e la conoscenza, e il contatto con gli altri – ti salvano la vita. E se anche una parte di lei continuerà a rimanere invischiata nel passato, cercando una ragione a quello che è stato, l’importante è andare sempre oltre, seguendo la scia luminosa della conoscenza.

“L’educazione” è una storia che è una rivelazione, una rivelazione che diventa essa stessa la mano santa grazie alla quale cambiare la propria vita, per modificare la percezione di sé stessi, senza, per questo, doversi snaturare: emanciparsi non vuol dire rinnegarsi bensì significa fare tesoro di quello che è stato, delle proprie radici, e servirsene per andare oltre.

Un libro che ho amato intensamente, non solo per lo stile potente e feroce che rende impossibile staccarsi dalle sue pagine, ma anche per quella capacità di descrivere un universo bizzarro, a tratti grottesco, con pochi cenni di parole, per il carattere di Tara, così sola, così persa, così impegnata a combattere una guerra che, forzatamente, deve vincere.

Che cos’è la follia se conosci solo quella? Cosa ti salva quando la follia del mondo in cui vivi comincia a chiamare follia il tuo desiderio di sopravvivere?”.

 

Testo di Ursula Beretta

 

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