Ma come facciamo a fare tutto?!

Conosco Silvia e Katia da 15 anni,  da quando abbiamo fatto insieme la gavetta un po’ stile “Il diavolo veste Prada” per una grossa casa di moda. Quell’esperienza è stata così forte che ci ha fatto legare molto e ancora oggi, ogni volta che ci vediamo ripercorriamo episodi epici e surreali dei nostri anni lì e ogni volta ridiamo delle “vessazioni” che subivamo. 
Casualmente abbiamo fatto lo stesso percorso, ritrovandoci 15 anni dopo sposate più o meno contemporaneamente e con figli coetanei. E tutte e tre lavoriamo ancora nel “magico” mondo della moda.

Fra pochi giorni rientro in ufficio dopo l’assenza canonica per maternità e non ho ancora capito se sono contenta oppure no. Continuo a chiedermi: se potessi non lavorare e restare a casa a fare la mamma (ma attenzione, con qualcuno che mi aiuta, altrimenti la risposta me la sarei già data: tornare a lavorare di corsa!) lo farei?
Durante la maternità ho vissuto da casalinga e devo dire che non mi è dispiaciuto affatto: sapevo che se volevo allontanarmi un attimo dai bambini potevo farlo e poi Milano offre di tutto, quindi annoiarsi è impossibile durante la giornata.
Potevo diluire nel corso della settimana tutte le cose che le donne che lavorano devono concentrare nel week-end. Lusso non da poco.
Andare in palestra, dall’estetista, a fare la spesa, a bere un caffè nelle ore meno affollate e che stavano più comode a me. Ho fatto un corso di Pilates, uno di cake designe mi sono pure tolta la soddisfazione di andare alle svendite di campionario alle 9 del mattino, arrivando prima dei giornalisti e riuscendo, una volta tanto, ad accaparrarmi i pezzi più belli della collezione, che le “comuni mortali” non trovano mai, arrivando in pausa pranzo. Da lunedì invece dovrò dire addio a quella vita ovattata e ricominciare la mia corsa contro il tempo. Passerò davanti alla scuola elementare vicino casa e mi roderò di invidia alla vista di mamme con la faccia riposata e la manicure perfetta, che indugiano davanti ai cancelli per chiacchierare e poi vanno a bersi il cappuccino nel bar a fianco, senza orari da rispettare.
Per fare una ceretta dovrò prenotare il primo sabato disponibile, con settimane di anticipo.
Dovrò attenermi, io che odio le scalette, a una tabella di marcia rigidissima che comprenderà, senza possibilità di ritardi o defezioni, asilo-lavoro-asilo-spesa-casa.
Sarà dura ma alla fine è questa l’opzione che scelgo, perché la voglia di essere economicamente indipendente è più forte della prospettiva di un massaggio alle 3 del pomeriggio di un giorno feriale. E poi non rinuncio al piacere di trovarmi con le amiche di cui sopra a ridere e a lamentarmi di lavoro, suocera, figli, marito e dei tentativi maldestri di far funzionare tutto, con la sensazione rassicurante che…siamo tutte nella stessa barca.
In più sono convinta che quelle mamme che hanno il tempo di trattenersi a chiacchierare davanti alla scuola elementare sotto sotto invidiano noi mamme lavoratrici. Ci scommetto quello che volete.

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