Di negozi low cost e dignità femminile

Come ogni anno, con l’arrivo del caldo, mi precipito a fare shopping per i miei figli, che adesso hanno 6 e 7 anni e le cose dell’anno scorso non gli entrano più, perché sono cresciuti in maniera esponenziale.

Non so voi ma io, per i capi basici, quelli che gli metto per andare a giocare o in spiaggia, non me la sento di comprare da Bonpoint, per quanto sarebbero la mia meta ideale per l’intero guardaroba, da 0 a 16 anni. Se considero che a stento riusciranno a indossare certi capi per una stagione sola, devo ripiegare, ahimè, su magliette, calzoncini e camicine Made in China dei colossi low cost: Zara, H&M e compagnia bella.

Ma appena entro nei loro mega store mi si apre puntualmente questo scenario, d’estate come d’inverno: il reparto dedicato ai maschietti pullula di polo, t-shirt e pantaloni sobri, divertenti e molto appetibili. Certo, ci sono anche le mega-stampe dei soliti Spiderman e Star Wars che spuntano qua e là su maglionicini e bermuda, ma riesco facilmente a trovare capi di abbigliamento degni di un collegio inglese.

Quando arrivo invece nel reparto femminile, scatta l’avvilimento: un tripudio di colori improbabili mescolati in maniera schizofrenica. Unicorni ed Else di Frozen che spuntano su TUTTE (..e dico TUTTE) le magliette appese alle grucce. Cerco dei leggings blu ma mi trovo a frugare tra montagne di leggings fucsia, rosino, glicine, lilla. Di blu notte nemmeno l’ombra. Vorrei prendere a Olli qualche costumino (nei negozi che piacciono a me costano una fortuna e onestamente non me la sento di pagare €50 un costume che entro fine agosto sarà sbiadito e sfilacciato) e trovo solo bikini (sì, il reggiseno è imprescindibile anche nella taglia 2 anni) tankini e trikini da cubista del Cocoricò o da ballerina del Crazy Horse. Ovviamente tutto fucsia, unicorni e glitter ovunque. E io che mi illudevo di trovare banalissimi costumi interi coi fiorellini e mutandine senza il pezzo di sopra. Del resto mia figlia ha solo 7 anni!

In tempi in cui la difesa della dignità della donna sembra un’urgenza (almeno sui media), in tempi di #meetoo, come è possibile che per una bambina i colossi dell’abbigliamento mondiale concepiscano solo magliette volgari e abiti ammiccanti che mettono in evidenza forme inesistenti, e che più o meno esplicitamente alludono a una sessualità fuori luogo? In tempi in cui si fanno campagne contro le differenze di genere, com’è che a me a volte sembra di ripiombare nell’800, quando per le bambine si concepivano solo gonne, pizzi e tulle e per i maschi solo giacche e pantaloni; quando esistevano colori ‘maschili’ e colori ‘femminili’?

Esco sconfitta e quasi a mani vuote dal mio giro di shopping e mi rifugio in quei quattro negozi in croce, cari, dove quanto meno il decoro delle bambine (inclusa la mia) è rispettato e salvaguardato. Dove è rispettata l’infanzia e quello che le è proprio.

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