Nella polvere

Le istruzioni sono semplici.

Prendetevi un week end libero, mettetevi comodi e tenete, magari, di fianco a voi una buona dose di tè verde alla mente. Abbassate le luci, lasciate libera la mente e aprite “Nella polvere” di Lawrence Osborne (edito da Adelphi), un romanzo che è un vero e proprio viaggio nel deserto e ritorno, immerso in un’atmosfera senza tempo che attualizza i racconti di Paul Bowles. Il risultato è ipnotico, magnetico, trascinante fino all’ultima riga. E dimostra, se ce ne fosse bisogno, che la magia di un libro non conosce fine.

E del resto è un Marocco che pare infinito e privo di chiaroscuri quello che si affaccia prepotente fin dalle prime righe di un libro dalla scrittura densa, barocca, pastosa, ricca di dettagli e capace di addomesticare la polvere che viene dal deserto e che si posa incurante su ogni cosa nella quale si imbatte. Che ha, in primis, le fattezze di un’oasi strabordante di lusso e di lussuria, quella creata da una coppia di originali omosessuali, Richard e Dally, per renderla protagonista di feste gatsbyane immerse nel nulla in cui si ritrovano happy few desiderosi di sballarsi con gli aromi esotici, di dimenticare la banale normalità del loro quotidiano, di gonfiarsi occhi e ormoni incuranti di quello che succede oltre i limiti geografici stabiliti da abbuffate gastronomiche e ottundenti viaggi mentali.

È qui che sono diretti David e Jo Henninger, marito e moglie inglesi, alla ricerca di pace, in un paese dove un uomo inutile può trovare la felicità, per sfuggire a una quotidianità soffocante che azzera ogni capacità di ispirazione e porta la noia a stordirsi di alcool e mediocrità. Un’insofferenza di fondo muove la coppia che, sulla strada notturna verso l’Eden formato week end, investe un giovane marocchino venditore di fossili. Si è trattato di un incidente, di una disgrazia o di cos’altro? Questo non è dato saperlo, non subito perlomeno, e the show must go on, il baccanale nel deserto non pare arrestarsi nemmeno quando i due irrompono alla festa con il cadavere del ragazzo nel bagagliaio della macchina.

È qui che il romanzo prenderà un’altra, toccante declinazione accostando,  all’instancabile atmosfera festaiola dell’oasi, l’arrivo del padre della vittima venuto a reclamare il corpo del figlio e deciso a trovare il colpevole di quanto avvenuto. Tante narrazioni si accavallano, l’una sull’altra, mixando con maestria leggerezza e quella sensazione di angoscia che precede le tragedie da cui il lettore, come i personaggi, non può che essere travolto. Pagina dopo pagina i bagordi di un party che pare infinito si uniscono al mistero arcaico che circonda le popolazioni del deserto creando uno sfasamento spazio – temporale in cui ogni certezza è destinata a rivelarsi un’illusione. E, come tale, a essere coperta dalla polvere.

Il romanzo di Osborne è un capolavoro di finezza narrativa da non perdere assolutamente.

Testo di Ursula Beretta

 

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