Serotonina

Houellebecq è un cliché. Ma è un adorabile cliché. E con Serotonina, il suo ultimo romanzo – edito da La Nave di Teseo – lo conferma ancora una volta.

Premetto che amo questo scrittore fin da “Le Particelle Elementari”, pubblicato quasi 20 anni fa, e che, nel tempo, ho apprezzato anche di più il suo stile caustico e le sue opinioni ardite, sempre unpolitically correct, che mi hanno sempre fatto pensare a lui come a un incrocio tra Bukowski e Camus.

Ma ora qualcosa è cambiato.

Il cinico sessista che conoscevo ha lasciato il posto a uno scrittore più pacato, meno corrosivo, capace di provare quasi compassione per il protagonista del suo libro, come se volesse prendere le distanze da un mondo nel quale non si riconosce più. E lo fa usando gli  ingredienti a lui più famigliari: la solitudine degli uomini, una Parigi grigia e bigia, l’erotismo come surrogato dell’amore, il disagio del mondo del lavoro, l’oppressione del presente, il tutto condito da tracce sparse di misoginia e di razzismo. Con il plus di una precisione narrativa che si sofferma sui particolari, insistendo su quelli più squallidi, che diventano la cornice perfetta nella quale si muove il suo alter ego, quel Florent-Claude Labrouste, misero agronomo 46enne, di cui vengono ricostruite, con una narrazione in prima persona, le tappe della sua fallimentare esistenza che l’hanno portato a essere dipendente dal Captorix, un antidepressivo di ultima generazione. La sua storia con Yuzu, la giovane giapponese con la quale convive, è ormai entrata nella sua fase terminale, ma ad anticiparne la fine ci pensa lui stesso: un giorno rassegna le dimissioni dal lavoro, abbandona il lussuoso appartamento parigino in Place de l’Italie e trova rifugio in un albergo. Il suo obiettivo è allontanarsi dal mondo e, contemporaneamente, vincere sia la forte depressione che lo attanaglia che la più grande delle sue dipendenze, il sesso. Per questa ragione decide di assumere un antidepressivo rivoluzionario che, stimolando la produzione di serotonina, meglio nota come l’“ormone della felicità”, promette di alleviare le sofferenze terrene con un solo effetto collaterale, il crollo della libido.

In balia del Captorix, Labrouste rivivrà la storia dei suoi amori giovanili e, al contempo, delle sue amicizie, consumando le sue giornate a peregrinare nei luoghi del suo passato e a rievocare i molti errori commessi che sono la vera causa del suo morire di tristezza – secondo la diagnosi del medico che l’ha in cura – fatta di frustrazioni lancinanti, di desolazioni estreme, di avventure senza storia.

Ero capace di essere felice nella solitudine? Pensavo di no. Ero capace di essere felice in generale? È il tipo di domanda che è meglio non farsi”.

Disillusione è la parola chiave, che colpisce tutto, che atterra ogni speranza, che si ritrova anche nell’eco di una rivolta rurale che nasconde il germe della protesta attuale dei Gilets Jaunes, cosa che ancora una volta conferma l’abilità di Houellebecq di avere uno sguardo iperrealista, pur nella finzione narrativa, nei confronti della società francese e di tutti i suoi strati sociali. Uno sguardo non scevro da un’ironia dissacrante, liberatoria, che non concede sconti a nessuno: dal sistema mediatico degli opinionisti vanesi ai grandi della letteratura europea, colpevoli di essere schiavi delle loro pulsioni sessuali, fino al solito, irriverente giudizio sull’Occidente destinato a morte certa dal momento che l’amore continua a essere una chimera.

Ho amato questo libro? Difficile rispondere.

Serotonina è un romanzo impietoso, sarcastico e ironico, sostenuto da una scrittura graffiante e da un’analisi pregevole del profilo psicologico del protagonista – cinico e nichilista, ex libertino e lettore di Gogol, di Pascal e di Schopenauer – ritmata su una summa di nevrosi e di ossessioni, indagate nel profondo, che descrivono le bassezze di cui ogni uomo può rendersi protagonista. Ma la trama, che asseconda il flusso mentale di Labrouste e diventa complice della sua tristezza, è molto evanescente ed è priva di personaggi di spessore, che restano tutti sullo sfondo come comparse.

Ma il vero problema della mia incertezza è che il romanzo precedente, Sottomissione, è un capolavoro ed è difficile, anche per uno come Houellebecq, bissare un libro del genere, senza deludere le aspettative.

Come uscire dall’impasse? Dopo aver finito Serotonina, rileggere Sottomissione, ça va sans dire!

Testo di Ursula Beretta

 

 

 

 

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