Il Borro

Che cosa resta di questo Natale appena trascorso?
Resta la beata inconsapevolezza dei miei figli, ancora piccoli per mettere a fuoco bene la differenza tra Gesù Bambino e Babbo Natale, per vivere la trepidazione dell’attesa, la magia, quel fermento particolare che si vive solo a Natale.
Restano pecorelle e pastori disseminati ovunque, sotto ai tappeti, nei vasi delle piante, in mezzo ai cuscini dei divani della casa dei miei. E meno male che mia madre aveva tirato fuori un tatticissimo presepe di plastica ereditato dalla zia ex maestra elementare, invece del presepe serio, fatto a mano a San Gregorio Armeno, coi pastori dal volto più umano degli umani, destinato a finire in frantumi ben prima del 24 dicembre.
Restano nastri e carte luccicanti stropicciate che hanno avvolto i regali, spesso in grado di suscitare nei miei figli un interesse più vivo dei regali stessi.
Resta un vecchio libro di Lilli e il Vagabondo scovato dalla mia primogenita su una mensola a casa di mia suocera e mai più mollato. Che poi, sarà che io sono cresciuta con La carica dei 101, Lilli e il Vagabondo, secondo me, non ha alcun patos. De gustibus…
Resta l’effetto dirompente e dissacrante che due lillipuziani di due e tre anni riescono a dare al misticismo natalizio, riducendo tutto a un perenne e pagano CAOS.
Ma resta anche il piacere delle nostre piccole fughe. In Abruzzo, sui sentieri del vino, per vedere dove nasce il Trebbiano più buono e famoso di sempre. Alle pendici del Gran Sasso a scoprire inaspettati ristoranti stellati in paesini rurali sperduti, dove la natura è incontaminata e i miei figli hanno amato rotolarsi nell’erba e raccogliere margherite, grazie a una temperatura primaverile.
In Campania, dove ho scoperto l’esistenza dei pomodori corbarini, un po’ più grandi, dolci e aspri dei datterini, che con i paccheri sono squisiti e che crescono solo a Corbara, un paesino all’ombra della più nota Costiera Amalfitana e si mangiano solo lì perché vengono prodotti in quantità limitata.
 
E poi in Toscana, in Valdarno, per riprenderci dal tour de force delle feste, in un luogo poetico e silenzioso come il paesino medievale del Borro, che la famiglia Ferragamo ha trasformato in albergo fatto non di stanze ma di tante graziose casette di campagna super attrezzate e perfette per ospitare le famiglie. Lì i miei figli hanno passato il tempo a parlare coi cavalli, si sono sfogati ben bene a correre su e giù per le stradine impervie e si sono fermati, incantati, a guardare la storia animata di Pinocchio e il presepe antico che il parroco del borghetto allestisce ogni anno da decenni.
 
 

Lì, in mezzo a una quiete quasi irreale, ho respirato

 

profondamente e mi sono chiesta se tornare a Milano fosse una buona idea oppure no.

 
 

Cos’altro resta di questo Natale?

Resta il dream team: Enne ed io che, al netto di tutti i “sei il solito catastrofista”, “se i bambini sono così selvaggi è colpa tua”, “oggi sei insopportabile” che la vita coi figli ci porta ogni tanto ad esclamare, ci riconfermiamo una grande squadra. Che lotta compatta. Anche a Natale.
 
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2 Discussion to this post

  1. Anonymous ha detto:

    Cara Emme, te l'ho gia' detto in queste vacanze, al termine di una bella (quanto inaspettata) serata trascorsa anche con Enne e i bambini: siete una splendida vivacissima famiglia !!! un bacione, M.

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